“Fare un pacco” è una tipica espressione napoletana.
La sua origine è piuttosto recente.
Infatti, quando i buoni “borghesi”, che si ritenevano intelligenti, si recavano ai mercati di Napoli (Forcella, Duchesca, ecc.) per comprare merci di contrabbando o “cadute dai camion”, dopo lunghe trattative riuscivano ad ottenere il bene desiderato (macchina fotografica, binocolo, radio, ecc.) ad un prezzo imbattibile (metà o anche meno del prezzo di vendita).
Il venditore, normalmente davanti alla porta di un negozio o all’ingresso di un edificio, metteva l’oggetto in una carta da imballaggio e mentre l’acquirente prendeva i soldi, con eccezionale abilità, tutta “napoletana”, sostituiva la confezione (pacco) con l’oggetto desiderato con una confezione simile fornita dal complice che si trovava dietro la porta. Questo nuovo pacchetto (pacco) non conteneva che un mattone, ma dello stesso peso dell’oggetto voluto.
Quindi, il compratore, credendo di fare l’affare della sua vita, si stava facendo fregare.
Da qui la frase ” fare un pacco”.
Nel 1993, Nanni Loy ha realizzato un film sul tema “Pacco, doppio pacco e contropaccotto”.
“Fare un pacco alla camorra” significa, quindi, avere fregato la camorra.
La NCO[1] (Nuova cooperazione organizzata), che produce e prepara il “Pacco”, è anche un gioco di parole perché la NCO[2] (Nuova camorra organizzata) è stata la formidabile organizzazione camorristica di “don” Raffaele Cutolo, il primo a cercare di dare una struttura piramidale ai diversi clan camorristici.
I prodotti della NCO, che si trovano nel “Pacco”, sono ottenuti in aziende e/o su terreni confiscati alla camorra, gestiti da cooperative sociali[3].
[1] http://www.ncocooperazione.com/ncco/referer/108/idPage/112/lang/it/Consorziate.html
[2] https://en.wikipedia.org/wiki/Nuova_Camorra_Organizzata
[3] http://www.ncocooperazione.com/ncco/referer/100/idPage/109/lang/it/Storia.html